«Vi avvisiamo che durante la performance potranno esserci dei suoni simili a degli spari. Lo diciamo per la vostra tranquillità, non allarmatevi». È cominciata così la prima del teatro La Fenice dopo la strage di Parigi che la settimana scorsa ha ucciso Valeria Solesin, la studentessa ventottenne che viveva in Francia da quattro anni ma che era nata a Cannaregio. Un avviso, per evitare fughe improvvise durante lo spettacolo visto che nel nuovo allestimento di «Idomeneo» di Wolfgang Amadeus Mozart poco prima della fine dell’ultimo atto c’è un suono molto forte che, considerato il clima di tensione, avrebbe potuto preoccupare i presenti. Quella di ieri al Teatro La Fenice è stata una prima sobria, come avevano chiesto da giorni gli organizzatori, per rispettare il lutto della città e il dolore della famiglia di Valeria. Ma anche sorvegliatissima. Con due palchetti pieni di forze dell’ordine in assetto anti-terrorismo e diversi altri uomini in borghese seduti tra il pubblico. Nessun abito scintillante come accadeva nelle prime di ogni anno, nessun eccesso (con qualche eccezione come l’abito di Cecilia Matteucci) e soprattutto nessuno smoking. Sono arrivati Pier Paolo Baretta, sottosegretario del Ministero dell’Economia ma anche Maria Elisabetta Casellati, del Csm; il questore di Venezia Angelo Sanna, il prefetto Domenico Cuttaia, il presidente della Corte d’Appello Antonio Mazzeo Rinaldi e Carmine Scarano, procuratore della Corte dei Conti; Adelchi D’Ippolito, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica; Paolo Costa, presidente dell’autorità portuale di Venezia; Enrico Marchi, presidente di Save; Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia e il Presidente del Comitato francese per la salvaguardia di Venezia Jérôme-François Zieseniss. Ma c’erano anche Alessandro Cecchi Paone; Roberta e Luigino Rossi; Yaya e Vittorio Coin; Franca e Piergiorgio Coin e la famiglia Tabacchi. I controlli sono stati serrati sia all’ingresso che nei momenti successivi. Gli uomini delle forze dell’ordine si sono posizionati anche dietro le quinte e nei corridoi riservati ai lavoratori per rimanere durante tutta la recita. Dentro il teatro, invece, tra i palchetti scintillanti e i violini accarezzati dalle mani sapienti dei musicisti, la richiesta di sobrietà della Fenice che dal giorno della tragedia tiene le Ospiti Da Cecchi Paone a Luigino Rossi, dai Tabacchi alla Casellati (Csm) bandiere a mezz’asta è stata rispettata da tutti gli invitati. E così anche il minuto di silenzio, poco prima dell’inizio della musica. «Voglio rappresentare il lutto della città di Venezia ai familiari di Valeria e a tutte le vittime di queste persone insensate e vigliacche – ha detto il sindaco Luigi Brugnaro dobbiamo continuare a vivere tranquillamente. La città di Venezia è sicura e non ha paura. I nostri valori sono sempre stati quelli dell’integrazione, della tolleranza ma anche della forza con cui abbiamo fatto rispettare le nostre regole. Dobbiamo tornare a farle rispettare come una volta. Noi siamo una città da sempre cristiana e cattolica ma che con una forza laica è stata in grado di dialogare con chiunque. Questa è la strada giusta da seguire». Al termine delle sue parole è partito un applauso condiviso. Ma una commozione palpabile si è avvertita per l’esecuzione dei due inni nazionali, l’inno di Mameli seguito dalla Marsigliese. Tra le file dei presenti, tutti in piedi, con la mano sul cuore in molti hanno sussurrato le parole dei due testi. «Grazie per essere qui questa sera – ha detto a tutti il sovrintendente della Fenice Cristiano Chiarot – ci associamo al cordoglio e al lutto delle città di Venezia e di Parigi per le vittime degli attentati, solidarietà estesa a tutte le vittime del terrorismo internazionale. La risposta più efficace crediamo sia guardare alla nostra cultura e ai nostri valori come argini alla violenza e alla barbarie e continuare la nostra attività non cedendo alle intimidazioni che ci vorrebbero ridurre al silenzio. Con questi sentimenti vogliamo ricordare Valeria Solesin, una delle vittime del teatro Bataclan, una ragazza nata e vissuta qui frequentando gli stessi luoghi e le stesse scuole di molti dei nostri figli».