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Fondazione Teatro Massimo di Palermo

Teatro Massimo di Palermo

Già prima dell’unità d’Italia si parlava della necessità per Palermo di un nuovo, spazioso e moderno teatro d’opera, tanto che nel 1859 era stata individuata la zona di piazza Marina come sede del nuovo edificio, da intitolare a Ferdinando II di Borbone. Dopo l’annessione al Regno d’Italia il consiglio comunale identificò invece l’area nella zona di Porta Maqueda, procedendo all’esproprio dei terreni dove sorgevano tre chiese e altrettanti monasteri: la Chiesa e Monastero delle Stimmate, la Chiesta e Monastero di San Giuliano, e la Chiesa di Sant’Agata, sorta sul luogo che sarebbe stato quello della casa di Sant’Agata. La tradizione narra che una suora detta “la monachella”, la cui tomba sarebbe stata profanata durante i lavori di costruzione, si aggiri ancora per il teatro.

Il 10 settembre 1864 il Sindaco Antonio Starabba, marchese di Rudinì, succeduto a Mariano Stabile, bandì un concorso per «provvedere alla mancanza di un teatro che stesse in rapporto alla cresciuta civiltà ed a’ bisogni della popolazione», aperto ad architetti italiani e stranieri.

Nello spirito di limitare il rischio di favoritismi si pensò a una Commissione giudicatrice priva di siciliani, composta da un tedesco, un francese ed un membro italiano. Nella rosa di nomi figurava anche il grande architetto tedesco K. F. Schinkel, che però era morto 23 anni prima. La scelta cadde quindi sul tedesco Gottfried Semper, progettista della Semperoper di Dresda e impegnato proprio in quegli anni nella creazione della Ringstrasse di Vienna, sul fiorentino Mariano Falcini e sul palermitano Francesco Saverio Cavallari, archeologo che aveva insegnato architettura all’Accademia milanese di Brera ed in Messico.
La scadenza era fissata al 9 settembre 1866, data poi prorogata di sei mesi per varie ragioni, «fra le quali, oltre l’importanza e la vastità del progetto, non ultima è quella dell’imminenza della guerra [la terza guerra d’indipendenza] a cui taluni riputati artisti concorrenti prenderanno parte». I partecipanti furono 35, dodici dei quali stranieri.

Il 4 settembre 1868 la giuria formulò la graduatoria dei primi cinque premiati, conferendo il primo premio a Giovan Battista Filippo Basile, noto architetto palermitano, mentre al quarto posto era il progetto di Giuseppe Damiani Almeyda: il Sindaco, Salesio Balsano, si premurò di annunciare al Basile l’esito del concorso accompagnato dalle sue congratulazioni. Seguì un periodo di attesa, legato anche all’ambiguità del bando, che prevedeva che tutti e cinque i progetti premiati restassero di proprietà comunale e che tra questi il consiglio comunale avrebbe dovuto scegliere quello da portare a termine. La prima pietra fu posata il 12 gennaio 1875, anniversario della rivoluzione siciliana del 1848, in piazza Giuseppe Verdi, con la partecipazione di tutte le maggiori autorità cittadine e un discorso del barone Nicolò Turrisi Colonna. I lavori furono sospesi nel 1878 e ripresi nel 1890, con l’obiettivo di completarli in tempo per l’Esposizione dell’anno successivo e sempre affidati a Giovan Battista Filippo Basile, che però morì pochi mesi dopo, il 16 giugno 1891. Gli subentrò il figlio Ernesto, anch’esso architetto, che accettò di ultimare l’opera in corso del padre su richiesta del Comune di Palermo, completando anche i disegni necessari per la prosecuzione dei lavori del Teatro. L’inaugurazione avvenne il 16 maggio 1897 con Falstaff di Giuseppe Verdi, opera che ancora non era stata mai eseguita a Palermo, sotto la direzione di Leopoldo Mugnone: i prezzi dei biglietti andavano dalle 80 lire dei palchi di seconda fila alle 3 lire del loggione.

Il teatro Massimo all’epoca della sua inaugurazione era con i suoi 7730 metri quadrati di area il terzo teatro più grande d’Europa, secondo solo alle Opere di Parigi e Vienna.

I due gruppi bronzei con i leoni che fiancheggiano la maestosa scalinata raffigurano la Tragedia, opera di Benedetto Civiletti, e la Lirica, opera invece di Mario Rutelli, autore anche della Quadriga che sovrasta il Politeama Garibaldi. Al termine della scalinata, un pronao con sei colonne corinzie accoglie lo spettatore. Il fregio in alto reca la scritta: “L’Arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”. La cupola che sovrasta la sala ha un diametro di 28,73 metri ed è composta da una struttura di ferro coperta da squame bronzee, sovrastata da un grande vaso anch’esso d’ispirazione corinzia. Ad Antonio Ugo sono dovuti il busto di Giuseppe Verdi e quello di Giovanni Battista Filippo Basile, mentre diversi rilievi scultorei sono opera di Salvatore Valenti. Tra i pittori che hanno decorato le sale del Teatro, Ettore De Maria Bergler, Michele Corteggiani, Luigi Di Giovanni, Rocco Lentini, Giuseppe Enea, Enrico Cavallaro, mentre Giuseppe Sciuti raffigurò il corteo dell’incoronazione di Ruggero II nel grande sipario decorato.

Nei primi decenni di attività il teatro fu affidato ad imprese private, spesso diverse di anno in anno, fino al 1935, quando con un decreto del Ministro della Cultura Popolare venne proclamato Ente Teatrale Autonomo, e dall’anno successivo assunse la denominazione ufficiale di Ente Autonomo Teatro Massimo di Palermo. Nel 1974 il Teatro viene chiuso per lavori di ristrutturazione, che si protraggono fino al 12 maggio 1997, quando il teatro viene riaperto con un concerto diretto nella prima parte da Franco Mannino e nella seconda parte da Claudio Abbado con i Berliner Philharmoniker.

www.teatromassimo.it

 

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